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Nel nostro viaggio attraverso le rubriche proposte e che intendono analizzare il nostro vivere, abbiamo imparato come il paradigma delle relazioni sia cambiato. E come questo cambiamento sia avvenuto in primis in modo naturale ed evolutivo, lasciandoci l’arduo compito di interpretarlo e capirlo. Un’evoluzione concreta e inesorabile, che cavalca la storia umana, catalizzata dall’emergenza sanitaria che tutti abbiamo vissuto.
Quindi, se relazioni e schemi cambiano naturalmente con tempi “fisiologici”, negli ultimi tre anni abbiamo vissuto i medesimi con velocità maggiore, cosa che accade sempre di fronte alle emergenze.
L’analisi di Gianluca Rizzi sulla leadership di prossimità si affaccia proprio sulla velocità di cambiamento con cui il ruolo del leader si è modificato recentemente. Nelle nostre sovrastrutture mentali e culturali il leader è un trascinatore, uomo o donna di rappresentanza che conta innumerevoli seguaci che sostengono il suo status.
Oggi, invece, il leader è altro: è prima di tutto una persona che si relaziona ai suoi prossimi per comprenderli e per generare con loro azioni di valore.
L’analisi di Rizzi prosegue poi con la lista delle capacità del nuovo leader, il manager d’azienda nel nostro caso: valori e competenze che devono essere prima di tutto interiorizzate da lui e poi messe in atto per diventare – insieme al suo team – vincente.
Ecco la chiave di lettura del termine prossimità: non si parla più di leader come dell’apice di una piramide alla base della quale i follower agiscono, ma di una persona che si mette sullo stesso piano di altre persone, pur dirigendole, anzi, pur gestendole (ricordiamo to manage= gestire), per ottenere risultati efficaci ed efficienti sotto il profilo economico e, per la prima volta, umano.
Per fare tutto questo il manager deve disporre di abilità tecniche e competenze di altissimo livello, ma soprattutto necessita di empatia, capacità di relazione, ascolto e immedesimazione: elementi di una nuova leadership che il giornalista dichiara dover essere “psicologicamente risolta”. Due termini cruciali. In sostanza, il leader deve aver assolto quel percorso di comprensione raccontato all’inizio del nostro commento e saper usare questa sua nuova coscienza sociale e relazionale per fare al meglio il suo lavoro.
Servono un pensiero e un atteggiamento open-minded su aspetti che caratterizzano la nostra società quali follia, perdono, educazione, invidia, serve avere umorismo e sapere che i rimpianti sono naturali e inevitabili. Serve che sia onesto, insomma, con sé stesso e gli altri, soprattutto con gli altri. Se eravamo abituati a vedere leader non curanti di questi fantomatici “altri”, ora sappiamo che nemmeno un grande manager può farne a meno.
Questi “altri” sono per noi di BCC Agrobresciano il nostro mondo: siamo una Banca di persone per le persone e da oltre 125 anni operiamo nel nostro territorio per sostenere clienti e soci, aziende e comunità.
La relazione con tutti questi soggetti per noi è fondamentale per lavorare al meglio delle nostre capacità e la consulenza nasce per prima cosa dall’ascolto delle esigenze di ognuno di loro.
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Leggi l'articolo completo nella rubrica Management - Formazione de Il Sole24ORE
Cosa serve davvero per una leadership di cura e di prossimità
scritto da Gianluca Rizzi